Robe da chiodi

Romeo Castellucci: Il Gesù di Antonello e la mia metafora dell’umano

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Questa è la lettera di Romeo Castellucci scritta ai quotidiani milanesi per spiegare lo spettacolo preso di mira (preventivamente) da gruppi della destra cattolica.

di Romeo Castellucci
Questo spettacolo nasce come un getto diretto delle e dalle Sacre Scritture. La Teodicea del Libro di Giobbe, il salmo 22, il salmo 23, i Vangeli. Il libro della Tragedia appoggiato su quello della Bibbia. L’azione teatrale vuole essere una riflessione sulla difficoltà del 4° comandamento se preso alla lettera. Onora il padre e la madre. Un figlio, nonostante tutto, si prende cura del proprio padre, del suo crollo fisico e morale. Crede in questo comandamento e fino in fondo il figlio sopporta quella che sembra essere l’unica eredità del proprio padre. Le sue feci. E così come il padre anche il figlio sembra svuotarsi del proprio essere e della propria dignità. Questo spettacolo è una riflessione sul decadimento della bellezza, sul mistero della fine. Gli escrementi di cui si sporca il vecchio padre incontinente non sono altro che la metafora del martirio umano come condizione ultima e reale. Non c’è niente di provocatorio, ma tutto quello che si vede, si sente e si prova arriva dall’osservazione diretta della realtà. Per questo spettacolo ho scelto il dipinto di Antonello a causa dello sguardo di Gesù che è in grado di fissare direttamente negli occhi ciascuno spettatore con una dolcezza indicibile. Lo spettatore guarda lo svolgersi della scena ma è a sua volta continuamente guardato dal volto. Il Figlio dell’uomo, messo a nudo dagli uomini, mette a nudo noi, ora. Quando le condizioni tecniche lo rendono possibile, è previsto l’ingresso di un gruppo di bambini che svuotano i loro zainetti del loro contenuto: si tratta di granate giocattolo. Uno ad uno lanciano queste bombe sul ritratto. È un gesto innocente portato da innocenti. L’intenzione è quella del bambino che vuole tutta l’attenzione per sé del genitore distratto. È possibile pensare alla frase del salmo 88: Dio non nascondermi il tuo Volto. Solo in questa azione nasce la musica tutto il resto è in silenzio. A Milano non è stato possibile includere questa scena non certo per un’autocensura! Non c’erano le possibilità logistiche per poterlo fare. Questa decisione è stata presa un anno fa, prima delle polemiche. Questa scena è regolarmente presente in tutte le città, là dove la si potrà attuare. Le immagini dure e spiacevoli del lavoro appartengono alla vita, non sono una mia invenzione sadica. Certe volte il teatro utilizza, come nella tragedia greca, una tecnica antifrastica, omeopatica; una tecnica cioè che utilizza gli elementi estranei per significare l’opposto. E così, per esempio, un gesto violento vuole significare la fragilità umana e il bisogno di amore. Anche le cose spiacevoli possono misteriosamente veicolare un senso di bellezza profondo che, scavalcando l’ordine del grazioso, possono parlarci in modo ancora più profondo e vero.
Questo spettacolo mostra, nel suo finale, dell’inchiostro nero di china che emana dal ritratto del Cristo come da una sorgente. E’ tutto l’inchiostro delle sacre scritture qui pare sciogliersi di colpo, rivelando un’icona ulteriore: un luogo vuoto fatto per noi, che ci interroga come una domanda. Devo denunciare qui le intollerabili menzogne circa il fatto che si getterebbero feci sul ritratto di Gesù. Che idea! Niente di più falso, di cattivo, di tendenzioso. Chi afferma queste cose gravissime risponderà alla propria coscienza di avere offeso –lui si – con questa immagine rivoltante il volto di Gesù. Alla fine dello spettacolo la tela del dipinto si lacera come una membrana. Un campo vuoto e nero in cui campeggia luminosa una scritta di luce, scavata nelle tavole del supporto del ritratto: Tu sei il mio pastore. E’ la celebre frase del salmo 23. La scrittura della Bibbia perde il suo inchiostro per esprimersi qui in forma luminosa. Ma ecco che si può intravedere un’altra piccola parola che si insinua tra le altre, dipinta e quasi inintelligibile: un non, in modo tale che l’intera frase si possa leggere nel seguente modo: Tu non sei il mio pastore. La frase di Davide si trasforma così per un attimo nel dubbio. Tu sei o non sei il mio Pastore? Il dubbio di Gesù sulla croce Dio perché mi hai abbandonato? espresso dalle parole stesse del salmo 22 del Re Davide. Questa sospensione, questa intermittenza della frase, racchiude il nucleo della fede come dubbio, come luce, come l’incerta condizione umana. L’ultima considerazione vorrei riservarla a coloro che hanno giudicato lo spettacolo: dove lo hanno visto? Che cosa hanno visto? Perché hanno creduto alle caricature mostruose apparse nei blog semplicistici dei nuovi fustigatori della società? Come e cosa hanno potuto giudicare? Le cose allucinanti e oscene di cui leggo NON sono il mio spettacolo che ho invece concepito come un de profundis. E poi perché non leggere gli articoli di stampa – in primis quello del compianto Franco Quadri e di centinaia di articoli del mondo intero – che hanno recensito lo spettacolo più di un anno fa? Invito pacatamente tutte le autorità di questa città a prendere informazioni da fonti attendibili e serie prima di esprimere pareri che avranno certamente un peso abnorme nel clima culturale già devastato di questo Paese.

Written by gfrangi

Gennaio 16th, 2012 at 6:49 pm

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4 Responses to 'Romeo Castellucci: Il Gesù di Antonello e la mia metafora dell’umano'

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  1. Nessun dubbio sulla stupidità dei censori. Qualcuno, di dubbio, sulla spontaneità delle polemiche: né Peter Brook, né nessun altro spettacolo teatrale (fatta salva la prima della Scala) ha avuto ultimamente così tanta visibilità.
    Dubbi invece sulla originalità del tema. Gli escrementi come unica eredità possibile che passa dal padre sofferente al figlio è ad esempio lo spunto che dà il titolo a “Patrimonio” di Philip Roth.
    Oggi poi, leggendo la descrizione dello spettacolo su ViviMilano (dove si parla dell’attacco di dissenteria “tanto incontenibile da sporcare tutto e da diffondere iperrealisticamente in sala miasmi mefitici”) credo mi sia passata definitivamente la voglia di andarlo a vedere. Mi sa che ripiegherò sul Flauto magico di Peter Brook, mi sa.

    Biagio

    18 Gen 12 at 10:32 am

  2. Con il Flauto Magico vai sul classico sicuro. ma non farti condizionare dai resoconti mefitici di giornalisti senza competenza né passione. Oggi Castellucci spiegando il eprché di Antonello ha detto: sfoergliavo un libro parlando con amici e sono “caduto” dentro questa immagine. Non me la sono più tolta di dosso. Credo che il centro sia questo non certo la merda…

    gfrangi

    18 Gen 12 at 5:06 pm

  3. Grazie giuse degli articoli, un lavoro bello da scorprire. Credo che affrontare il crinale tra iconoclastia e icona sia sempre ostico quanto straordinario. Viva youtube che mi permette qualche assaggio

    Beatrice

    22 Gen 12 at 11:53 pm

  4. Piove merda su castellucci da ogni dove. Così tanta che mi è venuta voglia di andare a vederlo.

    Biagio

    24 Gen 12 at 4:15 pm

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