Una settimana fa ero entrato nello spazio della Fabbrica del Vapore dove era allestita una mostra sugli ultimi adepti a Italian Factory. Una mostra un po’ tronfia, dove la pittura veniva ridotta a somma di pasticci. Una settimana dopo, in quello stesso spazio, si vede una mostra, molto più povera negli apparati, ma quanto più intensa nella sostanza. La chimica delle mostre ha questo di bello: produce effetti che sono assai lontani dalla semplice somma degli elementi. Per essere sintetici: in questo caso ci sono cinque ragazzi, tutti di provenienza mediorientale, arrivati a Milano per studiare a Brera, radunati da Marina Mojana. La “chimica” che li ha messi insieme poteva anche dare esiti esplosivi, visto che due sono israeliane, due sono iraniane e uno è egiziano musulmano praticante. Invece i loro sguardi, così diversi, si sono combinati in un effetto che desta stupore per il coesistere vitale di tante differenze, poetiche assai più che etniche o geografiche. Lo spazio nudo e spogliato da tutti gli apparati è riempito dall’energia tutta contemporanea e tutta positiva che le opera in mostra scatenano, proprio per le loro differenze. Non si possono giudicare i valori singoli in campo (anche se le foto di Mido mi sembra abbiano una forza che lascia presagire grandi sviluppi). Ma l’insieme ha l’effetto di un’installazione riuscita. E che come tutte le installazioni trasmette la magia delle cose che oggi ci sono e domani si dissolvono. Se vi capita non perdete Glocal art.
Nella foto, da sinistra, Mido (egiziano), Hilla Ram (israeliana), Golsa Golchini (iraniana), Azadeh Safdari (iraniana), Iamit Segal (israeliana).
La mostra è organizzata da Vita non profit. Info sul sito.
grazie Giuseppe
metterò la loro foto nell’album dei ricordi belli. Ma mi raccomando, non sbagliate a scrivere i loro nomi, che hanno tuti un significato preciso:
Hilla (si scrive con due L) vuole dire “aurea”; Golsa (di cognome fa Golchini, non Glochini) signifca “fiore che sboccia”, Iamit è una città del Sinai che è stata distrutta dopo la ripresa del conflitto con l’Egitto e vuole dire “Oceano”, Azadeh sta per Liberata.
Ciao
mojmoj
24 Ott 08 at 10:51 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>