È morto Sigmar Polke ad appena 69 anni. È un artista difficile da classificare. Di lui ricordo due visioni veneziane. Una alla Biennale 1999, la prima di Szeeman, in cui aveva esposto una sola enorme tela dal titolo Apparizione di Maria. Tela pixelata e delicatissima, che tgeneva con il fiato sospeso in quel suo lasciar appena affiorare l’immagine (vedi sotto). Quest’anno invece alla Punta della Dogana era suo l’ambiente più potente: grandi teloni traslucidi, come pellicole tese e impalpabili che davano una sorta di enigmatica solennità allo spazio. Polke con Richter ha rappresentato la risposta dell’Europa alla pop art americana. Ha riproposto la complessità laddove gli Stati Uniti spianavano la strada all’elementarità. In una lettera del 1963 in cui Richter presentava a un gallerista il lavoro suo e di Polke rivendicava lo spazio e l’identità di “una pop art tedesca”.
Se in Richter si coglie un’ambizione di classicità, quasi di strutturazione dell’arte pur senza negare l’avvenuta rottura di tutti i codici, Polke invece sviluppa un’arte fatta di esperienze sensoriali, di illuminazioni più che di costruzioni. Scrive Richter che «Polke ritiene che deve esserci qualcosa nella pittura, perché la maggior parte dei malati di mente inizia a dipingere spontaneamente». È il punto di squilibrio che sviluppa una pervasività creativa. Se coscienza c’è (e Polke senz’altro ne aveva) è coscienza psichedelica. Quella grande tela della Biennale del 1999 in fondo è la metafora: l’arte è come un’apparizione, offre sempre visioni che non t’aspetti. Vi riporto questa frase dal testo che Polke aveva scritto per quella Biennale: «Spero di aver contribuito, con i miei ragionamenti, a far sì che nel nostro tempo, privato di ogni immaginazione da ottusi iconoclasti, possa ridestarsi qualcosa dell’antica iconodulia».
E’ morto pure Sebastian Horsley..
OTILLAF
22 Giu 10 at 7:57 am edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
mi colpisce molto questa apparizione di Polke, quasi quanto il ragno della Borgeois.
Ringrazio Giuseppe per la scelta delle immagini del suo blog. Mi fa da guida (stalker) nella contemporaneità.
Al seminari che ho tenuto il 19 ho portato sia il ragno che questa apparizione per mostrare in modo sintetico dove siamo oggi. A dire il vero ho portato anche gli stracci di Boltanski al Grand Palais.
Burgeois prende in pieno il mondo di oggi dall’interno. La grande madre dominante, ma non come l’antica dea terribile signora degli animali e della vita e della morte e numinosa. Maman di burgeois è malata, fragile, eppure invincibile nel suo essere unico rifugio. E poi tessitrice. Ecco la rete che la grande madre ragno continua a tessere. Noi dentro come mosche. Boltanski mezzo dentro e mezzo fuori dà un giudizio sulla inutilità dell’essere. Montale: ‘le inutili macerie dei tuoi abissi’ vedeva gli abissi. Per Boltanski sono solo stracci tirati su e ricadenti. Ma molto interessante lo sguardo intellettuale di Polke. Lo immagino con spesse lenti che scruta nei pixel il mistero. E, tendendo l’orecchio dalle altezze gelide in cui sta il suo ingegno, gli sembra di sentire qualcosa. Qualcosina: ‘che sia il mistero?’ Sono buffi gli intellettuali quando senza vedere la densità sconvolgente del mondo, come vecchietti sordi con la tromba all’orecchio dicone: ‘eh? cosa dici?’
E mi colpisce la lontananza da Cristo di tutti. La potenza del risorto. Come se non ci fosse mai stato. Se non nelle immaginette dell’infanzia.
paola
29 Giu 10 at 9:32 am edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>