Robe da chiodi

Caravaggio fa largo a nonno Foppa

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Le due Cene in Emmaus di Caravaggio esposte a Brera si aprono come per lasciare un varco regale al centro al Polittico di Foppa, abitualmente su quella parete della sala XV della Pinacoteca. Sembra che si siano scostate per rendere omaggio a quell’opera dal sapore un po’ arcaico, ma che in  grembo cela il seme da cui si è generato Caravaggio.  Rendere omaggio al padre. C’è un’aria di casa in quel polittico, tanto commovente, quanto macchinoso. Un’aria che si è ripulita di ogni intellettualismo e accetta di rivestirsi con la pelle dura della vita. È un’opera tutta in oro e grigio. Dove l’oro però ha la funzione di servizio e lascia il trono al grigio. È arte svuotata da ogni iperbole. Senza nessun effetto speciale. La matrice di Carvaggio è qui, in questo primato mai messo in discussione della realtà, che si dichiara apertamente attraverso i tratti somatici dei santi. Poi come ogni figlio di genio, Caravaggio è uscito da quel polittico che sembra un armadio per custodire i santi, è andato pr il mondo e ha dilatato quel primitivo e rude verbo foppesco a grandezze tali da sovvertire il mondo. foppaok1

Written by giuseppefrangi

Febbraio 11th, 2009 at 12:26 am

3 Responses to 'Caravaggio fa largo a nonno Foppa'

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  1. a guardarlo adesso, a distanza di anni dall’ultima volta e con una vita in parte cambiata (l’ho amato molto in passato, e osservato per ore) il polittico mi sembra un tangram impazzito… forse ha senso solo guardandolo attraverso il poi di Caravaggio: gli ori di una corte in tramonto, i quadrati di una prospettiva che fatica a trovare un’unità di percezione e la verità – feriale e commovente – dei santi e dei paesaggi faticano quasi a stare insieme in un’opera sola. Cosa manca? Cosa ha in più, o di diverso, Caravaggio? La penetrazione dello sguardo che osserva? il dramma di un mondo che ha perso equilibrio? La nostalgia di casa? L’impossibilità di credere in un ordine definitivo e costante? In Foppa la realtà ha un che di rassicurante, quasi da ordine cosmico… In Caravaggio è ansia, dolorosa ed esigente, di vita.

    Perseoc

    perseoc

    12 Feb 09 at 3:51 pm

  2. Grazie, molto giusto. E mi spinge a precisare quell’impressione. Foppa rispetto a Caravaggio ha il merito di aprire una strada, che nella geografia dell’arte del 400 è una strada nuova, laterale. Questa strada è un sentiero accidentato: per questo il passo di Foppa è un passo ansimante, con le ginocchia affaticate dal fardello di cui si è fatto carico. Ma la fortuna di Caravaggio è che Foppa abbia osato mettersi umilmente su quel sentiero. (Non so se ho reso l’idea: poi su quel sentiero Caravaggio va con lo slancio del purosangue). Se si vuole cambiare metafora, Fopppa dimostra che non c’è un lingua sola. E che davanti a una lingua ritagliata per esperimere grandi assunti mentali, ce ne può essere un’altra che invece è fatta per esprimere in primo luogo la realtà. E si sa, la realtà è un grande coacervo di fatica e di imperfezioni…

    giuseppefrangi

    13 Feb 09 at 9:58 am

  3. Non posso contenere una suggestione (se posso continuare questa conversazione): è come se Foppa fosse una specie di lampadoforo dantesco (Purg. Purg. XXII 67-69: «Facesti come quei che va di notte, / che porta il lume dietro e sé non giova, / ma dopo sé fa le persone dotte…»)?
    Anche se poi la lingua segue sue mutazioni, e la realtà non viene mai disgiunta dalla percezione che se ne ha e dalle vite in cui si cala: in Foppa spira un’aria di fatica quotidiana, ma in qualche modo comprensibile (mi si permetta: quasi religiosa, penso al bosco di Barlassina del Martirio di San Pietro in Sant’Eustorgio); in Caravaggio la realtà è qualcosa di urgente e, a tratti, disperato.

    Perseoc

    perseoc

    13 Feb 09 at 11:00 am

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